Fiori colorati, pratoline croccanti, sambuco fresco o fermentato, l’acidità dell’acetosella e l'amaricante della foglia del tarassaco: siamo nel cuore della primavera.
Un tripudio di colori, sensazioni organolettiche mai viste prima e una masticabilità che intriga.
Una nuova frontiera di sperimentazione innovativa che diverte e racconta un territorio, ma se è diventata quasi un trend - dal vicino nord Europa dove ad oggi la sperimentazione è diventata avanguardia - siamo veramente sicuri di avere una conoscenza profonda di questa materia?
Come nasce?
Il foraging è una pratica che affonda le sue origini nei paesi scandinavi, e consiste nel raccogliere ingredienti spontanei nel loro ambiente naturale. Cibo selvatico commestibile che viene poi utilizzato in cucina, totalmente a impatto zero, come il recupero di alcune botaniche ormai dimenticate.Perché praticarlo?
La sostenibilità nel piatto, sì, perché ora ci concentriamo proprio sulla sostenibilità di un prodotto frutto della natura e non coltivato, in molti casi quasi infestante, che diventa completo sostentamento con impatto 0 sull’inquinamento.Un cibo sano che viene valorizzato nel periodo di fioritura - periodo solitamente molto limitato.
Come si pratica il Foraging nel rispetto dell'ambiente?
Il foraging si può praticare in campagna, nei boschi, tra i campi, al lago e anche al mare, ovunque si possano trovare prodotti della natura commestibili.La raccolta, tuttavia, deve essere davvero sostenibile e nel pieno rispetto dell'ambiente. Per far sì che ciò avvenga, è bene rispettare alcune semplici regole, come: raccogliere erbe e frutti in zone non inquinate (evitare il ciglio delle strade trafficate, oppure poste nelle zone limitrofe ad aree industriali); non entrare in riserve naturali e zone protette; raccogliere solo la parte superiore della pianta, senza strappare le radici o danneggiare il terreno circostante.